IL TRIBUNALE
   Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa promossa, con atto
 di  citazione  notificato  in data 11 marzo 1998, da Cover s.r.l., in
 persona   del   legale   rappresentante,   sig.   Franco    Contardi,
 rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Auletta e Manlio Marino,
 ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio di quest'ultimo in
 Milano, via Andreani 6, attrice;
   Contro l'amministrazione delle finanze dello Stato, in persona  del
 Ministro   in   carica,   rappresentata   e   difesa  dall'Avvocatura
 distrettuale  dello  Stato  di  Milano,  presso  i  cui   uffici   e'
 domiciliata  per  legge  in  Milano,  via  Freguglia n. 1, convenuta,
 nonche' contro la Repubblica italiana, convenuta contumace;
   Oggetto: ripetizione di tasse  indebitamente  pagate  a  titolo  di
 tassa  annuale  sulle  concessioni  governative  per l'iscrizione nel
 registro delle imprese.
   Sciogliendo la riserva formulata  all'udienza  del  2  marzo  1999,
 richiamata  l'ordinanza  di rimessione alla Corte di giustizia emessa
 nella causa Riccardo Prisco Goria s.r.l.,
                             O s s e r v a
   1.  -  Con  atto  di  citazione notificato il 16 settembre 1998, la
 Cover s.r.l. conveniva in giudizio  l'amministrazione  delle  finanze
 dello  Stato  nonche'  la  Repubblica  italiana  chiedendone  in  via
 principale la condanna al pagamento dell'importo  di  L.  17.500.000,
 indebitamente  versato  a  titolo  di tassa annuale sulle concessioni
 governative per l'iscrizione nel registro delle imprese per gli  anni
 1988/1992,  oltre  agli  interessi  legali dalla data di ogni singolo
 versamento fino al saldo, a titolo  di  risarcimento  del  danno  per
 l'illegittima    imposizione    legislativa    e   per   la   mancata
 disapplicazione della norma illegittima; in via subordinata  chiedeva
 la  condanna  dei  convenuti alla restituzione dell'importo predetto,
 oltre gli interessi  legali  dalla  data  delle  singole  istanze  di
 rimborso, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ.
   2.  -  L'amministrazione  convenuta si e' costituita ritualmente in
 giudizio ed ha chiesto che la domanda sia  accolta  limitatamente  ai
 periodi  rispetto ai quali non si e' verificata la decadenza prevista
 dall'art. 13 d.P.R. n. 641/1972,  con  le  detrazioni  stabilite  dal
 primo  comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e che
 gli interessi siano liquidati nella misura del tasso legale in vigore
 al 1 gennaio 1999, come disposto dal terzo comma della norma.
   Non si e' costituita invece la Repubblica italiana.
   3.  -  La  difesa  dell'attrice  ha   eccepito   la   illegittimita
 costituzionale  dell'art. 11, legge n. 448/1998 per contrasto con gli
 artt. 3, 24, 25, 101, 102, 104 e 113 della Costituzione.
   4. - Ritiene questo giudice che la questione di incostituzionalita'
 sia rilevante e non manifestamente infondata.
   5. - L'art. 3, diciottesimo e diciannovesimo comma,  del  d.-l.  19
 dicembre  1984,  n.  853,  convertito nella legge 17 febbraio 1985 n.
 17, oltre ad  elevare  notevolmente  l'ammontare  della  tassa  sulla
 concessione  governativa  dovuta  per l'iscrizione delle societa' nel
 registro delle  imprese,  istitui'  ex  novo  una  tassa  annuale  di
 mantenimento  dell'iscrizione nel registro delle societa', di importo
 pari  alla  tassa  di   iscrizione;   tale   tassa   venne   ritenuta
 incompatibile  con  l'art.  10  della  direttiva  17  luglio 1969, n.
 69/335/CEE a seguito  di  una  pronuncia  della  Corte  di  giustizia
 (sentenza  20  aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, Ponente
 Carni e Cispadana Costruzioni).
   6. - In seguito a tale sentenza, il d.-l. 30 agosto 1993,  n.  331,
 convertito  nella  legge  29  ottobre  1993,  n. 427, all'art. 61, ha
 ridotto  la  tassa  di   concessione   per   l'iscrizione   dell'atto
 costitutivo  a  L.  500.000  per tutte le societa' e soppresso la sua
 riscossione annuale, ma solo con effetto ex nunc, ed ha  deterininato
 in  L.  250.000  la  tassa dovuta per l'iscrizione di tutti gli altri
 atti sociali soggetti a registrazione in base alle  disposizioni  del
 codice civile.
   7.  -  La  tassa annuale e' stata poi soppressa con l'art. 3, comma
 138, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, a decorrere dal 1  gennaio
 1998.
   8. - La norma che questo giudice intende sottoporre al vaglio della
 Corte, intitolata "Rimborso della tassa sulle concessioni governative
 per  l'iscrizione  nel  registro delle imprese" espressamente si pone
 come disposizione meramente interpretativa dell'art. 61, comma 1, del
 citato d.-l. 30 agosto 1993. In realta', essa disciplina  la  materia
 disponendo  un  regime del tutto innovativo prevedendo che anche "per
 gli anni 1985, 1986, 1987, 1988,  1990,  1991  e  1992  la  tassa  in
 questione   e'  dovuta  nella  misura  di  lire  cinquecentomila  per
 l'iscrizione   dell'atto   costitutivo   e   nelle   seguenti  misure
 forfettarie annuali per l'iscrizione degli altri  atti  sociali,  per
 ciascuno degli anni dal 1985 al 1992:
     a)  per  le societa' per azioni e in accomandita per azioni, lire
 settecentocinquantamila;
     b)   per   le   societa'   a   responsabilita'   limitata,   lire
 quattrocentomila;
     c) per le societa' di altro tipo, lire novantamila.
   9.    -    Il    legislatore   ha   fatto   ricorso,   all'evidenza
 surrettiziamente, allo strumento dell'interpretazione  autentica  per
 introdurre  in  realta'  una disciplina sostanzialmente modificatrice
 della  normativa  vigente,  al  chiaro  scopo  di   attribuirle   una
 inammissibile portata retroattiva.
   10.  - Con plurimi interventi la Corte costituzionale ha sanzionato
 di incostituzionalita' l'emanazione di una  legge  interpretativa  in
 assenza di un qualsiasi contrasto giurisprudenziale, assente nel caso
 in esame, in cui erano dibattute tutt'altre questioni. In ordine alla
 arbitrarieta'   del   ricorso  alla  norma  interpretativa  la  Corte
 costituzionale, con la nota sentenza del 23 novembre 1994,  ha  avuto
 modo  di chiarire che "il ricorso da parte del legislatore a leggi di
 interpretazione autentica non puo' essere utilizzato  per  mascherare
 norme  effettivamente  innovative dotate di efficacia retroattiva, in
 quanto cosi'  facendo  la  legge  interpretativa  tradirebbe  la  sua
 propria funzione di chiarire il senso di norme preesistenti".
   11.  -  Nello  stesso  senso  si  era  pronunciata  la Corte con la
 sentenza 19 marzo 1990, n. 155: " ... In conformita' ad una  costante
 giurisprudenza  (cfr.  da ultimo sent. 233 del 1988), va riconosciuto
 carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo  il  tenore
 testuale  della  norma  interpretata,  ne  chiarisce  il  significato
 normativo  ovvero  privilegia  una  tra  le   tante   interpretazioni
 possibili,  di  guisa  che  il contenuto precettivo e' espresso dalla
 coesistenza delle due norme (quella precedente  e  quella  successiva
 che ne esplica il significato), le quali rimangono entrambe in vigore
 e   sono   quindi   idonee   ad   essere  modificate  separatamente".
 Conseguentemente,  in  mancanza  di  tali  condizioni,  la  Corte  ha
 ritenuto   che   il   legislatore  ha  oltrepassato  i  limiti  della
 ragionevolezza, utilizzando la legge  interpretativa  per  introdurre
 una  disciplina  avente natura innovativa, incompatibile con la norma
 che pretende di chiarire interpretandola.
   12. - Con la sentenza 20 marzo 1995, n. 94, la  Corte  ha  ribadito
 detti  concetti affermando che " ... non puo' validamente opporsi che
 non sia possibile distinguere tra ''legge interpretativa'' e  ''legge
 innovativa'',  poiche',  se non v'e' dubbio alcuno che anche il primo
 tipo di legge sia diretto  a  introdurre  un  novum  nell'ordinamento
 giuridico,  quanto  meno  consistente  nella  prescrizione  di  dover
 seguire una certa interpretazione e non altra, non si puo'  del  pari
 dubitare,  come  si  e'  gia'  sottolineato,  che carattere tipico ed
 esclusivo delle leggi interpretative e' che il significato  normativo
 enucleato  e  imposto con le stesse leggi debba essere ricompreso fra
 le possibilita' di senso ragionevolmente ascrivibili al  testo  della
 disposizione interpretata".
   13.  -  L'incostituzionalita'  del  primo  comma dell'art. 11 della
 legge n. 448/1998 si manifesta anche sotto  l'ulteriore  profilo  che
 esso  risulta  intenzionalmente  diretto  ad  influire sui giudizi in
 corso. Ed a tale proposito occorre rammentare che la Corte ha  tenuto
 a  precisare  che  la  legge  interpretativa e' ammissibile in via di
 principio " ... a meno che essa non ... sia intenzionalmente  diretta
 ad  incidere  sui  giudizi  in corso". (Corte cost. 19 marzo 1990, n.
 155).
   14. - Non ignora  questo  giudice  un  diverso  orientamento  della
 Corte,  ripreso anche dalla Cassazione, secondo il quale l'esclusione
 del carattere interpretativo della norma non esclude di per  se'  che
 il legislatore abbia voluto aliunde conferirle efficacia retroattiva:
 efficacia  che  puo'  essere  disposta  non  soltanto  attraverso una
 previsione apposita, ma altresi' attraverso  la  proclamazione  della
 natura  interpretativa  della  norma, anche se la proclamazione (come
 ormai si riconosce) non corrisponda a  verita',  ossia  anche  se  la
 legge  abbia  in  realta'  natura  innovativa (Corte cost. n. 36/85 e
 167/87): fungendo  la  non  veritiera  proclamazione,  in  tal  caso,
 proprio   come  manifestazione  della  volonta'  del  legislatore  di
 disporre la  retroattivita'.  Aggiungendo  che  si  deve  riconoscere
 natura  di legge d'interpretazione a tutte quelle leggi che impongono
 una determinata interpretazione o una data lettura di  un  precedente
 testo  normativo,  indipendentemente  dall'esattezza  della lettura o
 dell'interpretazione  imposta  e  quindi  anche  nel  caso   in   cui
 quest'ultima   non   fosse   in   alcun  modo  ricavabile  dal  testo
 interpretato e fosse addirittura diversa da  quella  cui  si  sarebbe
 potuto  giungere  attraverso  il  corretto  impiego  degli  strumenti
 esegetici.
   15. - Non ritiene questo giudice che  quest'interpretazione  meriti
 di essere seguita, se non come espressione di una intenzionale (e non
 corretta)  espansione  dei  poteri  del legislatore, reso in tal modo
 libero e sciolto da ogni vincolo, ivi compreso quello dell'art.    11
 delle   preleggi,  e  financo  quando  il  suo  intervento  incida  a
 posteriori su diritti quesiti dei cittadini. In tal modo il principio
 della certezza  del  diritto  e  della  tutela  dei  singoli  vengono
 consapevolmente  calpestati  non  solo  dal legislatore, ma anche dal
 giudice delle leggi.
   16. - Quindi, la questione prospettata dalla parte  si  rivela  non
 manifestamente  infondata  in relazione all'art. 3 della Costituzione
 per violazione del principio  di  ragionevolezza,  all'art.  24,  per
 violazione  del  diritto  alla  difesa,  degli  artt.  101  e 102 per
 prevaricamento sul potere precipuo della magistratura che  e'  quello
 di  interpretare le leggi. Con questo non si vuol dire che in caso di
 contrasto  di  interpretazioni  giurisprudenziali  ovvero  anche   di
 interpretazione  omogenea,  ma  non  rispondente  all'intenzione  del
 legislatore,  questi  non  possa   intervenire   a   fare   chiarezza
 esplicitando  lo  scopo  della  legge,  ma  si  vuol  negare  che  il
 legislatore abbia il potere  incondizionato  di  intervenire  su  una
 legge  formulata in maniera chiara e precisa, che abbia attribuito ai
 singoli dei diritti, proponendone una lettura del  tutto  avulsa  dal
 significato  letterale  e  logico  della  norma,  al  fine  chiaro di
 limitare o  sopprimere  quei  diritti  che  i  singoli  abbiano  gia'
 acquisito.
   17.  -  Palese  e'  altresi' la rilevanza della questione. La Cover
 s.r.l. ha chiesto il rimborso degli importi versati  negli  anni  dal
 1988  al 1992, per i quali ha proposto tutte le tempestive istanze di
 rimborso, per cui,  prima  dell'introduzione  nell'ordinamento  della
 norma  in  questione,  avrebbe avuto diritto al rimborso degli interi
 importi versati, senza la detrazione degli  importi  forfettariamente
 determinati   per   l'iscrizione   degli  atti  sociali  soggetti  ad
 iscrizione in base al codice civile. Detrazione che appare tanto piu'
 ingiusta ove si  tenga  presente  che  per  l'iscrizione  degli  atti
 sociali  diversi dall'atto costitutivo la societa', come tutte, aveva
 gia' versato gli importi previsti dal d.-l. 30 agosto 1993, n. 331.